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Ho
sulla scrivania un biglietto. Viene dal Belgio ed è breve. Poche parole,
scritte a mano e – si percepisce – con l’armonia di un cuore placato, si
direbbe rispettoso e grato. Fa gustare la bellezza, quasi la simbologia delle
cose semplici. E’ giunto con un indirizzo che tecnicamente osserva tutte le
regole di un “buon” indirizzo, questo sì, digitato a macchina o al
computer. Ma è bello anch’esso. In tempo di computer, di relazioni virtuali,
di e-mail, in cui si clicca, si digita, si chatta senza fermarsi, ritrovarsi con
un breve biglietto scritto con penna stilografica suscita un certo stupore,
ridesta attenzione, ricordi e nostalgie. Ridesta il gusto delle cose semplici,
quelle della quotidianità, quelle in cui ti imbatti ogni giorno e delle quali
forse non t’accorgi più, che forse non vedi più, quindi non gusti più,
perché sei preso dalle “molte cose”.
Invita
al ragionamento. E’ uno stimolo non forzato, pacifico, alla riflessione e
torna alla memoria la raccomandazione evangelica: guardate - alcune traduzioni
dicono: osservate - i gigli del campo… Essi sono lì, nella loro deliziosa
bellezza e nella loro semplicità, con l’esilità delle cose fragili, giovani
fiori che non potranno mai diventare forti e resistenti, che oggi sono e domani
potrebbero non essere più. Ma l’invito è: “guardate”, “osservate”,
perché anch’essi hanno un messaggio ben pregnante. Non vi lasciate sfuggire
l’occasione.
Bruno
Secondin, in un libro di recente pubblicazione sulla vita consacrata, scrive: «La
nostra generazione è sottoposta a una accelerazione di scenari e di valori che
non lasciano tempo all’assimilazione e al discernimento. Tutto è consumato in
fretta, e non ci sono passi graduali…. L’accelerazione ci porta ad
accontentarci di guardare vivere gli altri, piuttosto che vivere noi stessi».
E’
la vita… E’ la vita di oggi; anche di chi è chiamato, vorremmo dire per
forza, ma non è così, a integrare azione e contemplazione, perché l’azione
sola diventa cembalo sonante che ha la stessa incidenza del suonare di quei
fanciulli del vangelo: «abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, vi
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto».
Le
cose semplici in tanto attuale turbinio di voci, in tanto incalzare di eventi,
in tanto incrociarsi di tragedie, di speranze e di sgomento, possono avere un
significato altro, una rilevanza nuova. Riscoperte e valorizzate, favoriscono la
concentrazione. A mano a mano che si scoprono e si gustano aumenta il desiderio
di vederne e di gustarne altre. Abituarsi all’attenzione alle piccole bellezze
potrebbe anche esigere un’ascesi impegnativa. Allo stesso tempo godere delle
piccole cose tanto da giungere a innamorarsi della realtà può sprigionare
forze, capacità di godimento insospettato. Può esigere in un primo momento
l’ascesi del dominio di sé, quasi della circospezione saggia,
dell’attenzione minuta, perché nulla di quello che la vita offre vada
perduto.
Allora
si diventa capaci di ammirare e di godere della fedeltà dell’alba che è lì
ogni mattina e di scoprire nei gesti altrui dei sussurri d’amore. «Parresía,
franchezza, e philocalía, amore del bello non dovrebbero mai mancare nella vita
cristiana», sostiene Enzo Bianchi.
A un
certo punto anche quello che a prima vista potrebbe sembrare non bello,
addirittura scostante, o spiacevole, o fastidioso, come la nebbia, può
diventare causa e occasione di godimento e di estasi. Si torna a essere capaci
di assaporare la realtà.
Mantenere
desta questa attenzione esige un dinamismo incessante. Richiede l’effettiva
messa in atto di tutte le dimensioni percettive e intenzionali, conoscitive e
operative della personalità. Poco a poco, in un crescendo che potrebbe anche
produrre un decrescere della fatica, si diventa facilmente recettivi e così
capaci di provocare a se stessi delle gioie prima disattese o non sospettate.
Bernanos
con un’osservazione acuta poneva una domanda: «Il destino ordinario
dell’uomo non è forse quello di cercare molto lontano e spesso a rischio
della propria vita ciò che senza saperlo ha a portata di mano?».
Franco
Stano in un suo libro recente fa osservare che Gesù quando si allontanò solo
nell’orto degli ulivi, lasciando gli apostoli a un tiro di pietra, lo fece
senz’altro per pregare, ma forse sostò anche «per ascoltare, in silenzio, la
dolce storia degli antichi ulivi». Il dolore infinito, - «il suo sudore
divenne come gocce di sangue che cadevano a terra», scrive il narratore Luca -
la nostalgia struggente per una vita che gli veniva iniquamente carpita, forse
gli facevano sentire più intensa la bellezza di un tronco vetusto.
Certo
dovremo continuare a cliccare e a digitare perché il mondo cammina e noi non
possiamo vivere ai margini, è proibito anche quello; dovremo continuare la
docenza e l’assistenza; il servizio e lo studio; la presenza attiva fatta di
gesti d’amore, ma quel cliccare e quel digitare, quell’insegnamento, qual
lavoro di routine, quel voler giocare davvero la propria vita in tutto e per
tutto e soltanto a gloria di Dio Padre, per il Figlio, nello Spirito, quella
donazione piena delle risorse di intuizione e di intelligenza, potranno avere
una intensità diversa perché l’abitudine alle piccole cose, a porre
attenzione sulle semplici bellezze aiuta a compiere ogni gesto quasi con maggior
senso di appartenenza alla vita stessa. Soprattutto l’appartenenza al Datore
di ogni vita, all’Originante di ogni bellezza.
San
Paolo, nella Lettera ai Romani, afferma che le opere della creazione rendono
visibile colui che le ha create. In altri termini dalle creature al Creatore. «Ciò
che di Dio si può conoscere è loro (i pagani) manifesto». E aggiunge: «Dio
stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue
perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere
da lui compiute». E va oltre e lancia una sentenza: «Essi sono dunque
inescusabili, perché pur avendo conosciuto Dio, non gli hanno reso gloria».
Questa affermazione è giudicata dagli esegeti di grande portata storica e
teologica, in quanto ammette che ogni uomo e ogni donna è abilitato a conoscere
Dio, a fare il passaggio dalla bellezza con lettera minuscola a quella con
lettera maiuscola. Affermazione resa esplicita anche dal Vaticano II: «Dio, il
quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo, offre agli uomini nelle
cose create una perenne testimonianza di sé».
Celano
nella Vita seconda di san Francesco scrive che questi «attraverso la visione
letificante - delle opere di Dio intuisce la causa e la ragione che le vivifica».
Molto
più vicina a noi nel tempo, Susanna Tamaro in Va dove ti porta il cuore
scriveva: «Le cose che ci accadono non sono mai fine a se stesse, gratuite;
ogni incontro, ogni piccolo evento racchiude in sé un significato…».
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Il
giorno 8 novembre u. s., nella sede dell’USMI nazionale, si è tenuta una
tavola rotonda dal tema: «Sarà un giubileo, per voi, il cinquantesimo anno» (Lv
25,11). La vita religiosa femminile tra storia e progetto a ricordo dell’anno
giubilare della nostra rivista. Vedremo come far giungere alle nostre lettrici e
lettori le varie comunicazioni.
Diamo
ora inizio al nuovo anno, il secondo del secolo, il secondo del terzo millennio.
La rivista persegue il suo intento di offrire stimoli per la formazione verso
una vita nell’ambito umano, cristiano, religioso, sempre più intensa, sempre
più vissuta in pienezza. Seguiremo alcune piste di temi non ancora trattati.
Avremo alcuni autori nuovi. Altri ormai noti e apprezzati.
Inizieremo
ogni mese con un breve commento di Mariapia Bonanate su ognuno dei primi
versetti del capitolo 3 del Qoelet: «C'è un tempo per...». Può essere come
uno 'svegliarino' all'insegna della novità e della ricchezza dell'evolversi del
tempo. Continueremo con la solita rubrica STUDI E RIFLESSIONI in cui verranno
affrontati temi specifici della vita consacrata o altri circostanziati dalle
ricorrenze varie o dal Magistero. Concluderà questa parte un breve commento a
un versetto del profeta Michea. Passeremo quindi all'lNTERVISTA che verrà fatta
a una persona nota su temi di attualità. Seguirà la rubrica I TESTIMONI, perché
crediamo fermamente nel valore della testimonianza. La rubrica LIBRI E
AUDIOVISIVI verrà introdotta dalla presentazione di un libro di particolare
interesse.
Il
supplemento annuale di primavera uscirà con il numero di marzo e parlerà della
“speranza" soprattutto nella sua relazione con la vita consacrata. Stanno
già scrivendo per noi autori di alto profilo e capacità.
Facciamo il nostro
lavoro con un forte senso dei nostri limiti, ma con una altrettanto forte
fiducia nel Signore che ci avvisa: voi siete luce, voi siete sale. E lo vogliamo
fare in un gesto che sia un sussurro d’amore, certe che Dio continua a
viaggiare sulle strade della storia.
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