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La
prima icona si tramanda sia stata il volto umano del Figlio di Dio.
Chiamata ‘Santo Volto’ o immagine ‘Acheropita’ (= non fatta da
mano d’uomo) riproduce, secondo la tradizione, le sembianze reali del
Cristo. Gesù stesso, infatti, avrebbe inviato un suo ritratto al re
Abgar di Edessa.
Questa leggenda racconta che il re era
lebbroso e, desiderando guarire, inviò una delegazione da Gesù durante
la sua predicazione in Palestina, chiedendogli un intervento miracoloso
e un suo ritratto. Cristo, per esaudire il desiderio del re, si sarebbe
lavato e poi asciugato il volto in un telo, lasciandovi impressi i suoi
tratti. Inviò, quindi, tramite l’archivista del regno di Abgar, la
sua immagine al re.
Questa l’origine dell’immagine
Acheropita che da molti è considerata la prima icona.
Il significato della leggenda consiste
anzitutto nell’attestare la storicità di Gesù Cristo e nel
ricondurre ogni sua raffigurazione a un’immagine iniziale ricevuta e
non elaborata, divina e non umana.
Lo stesso aggettivo acheiropóietos serve
a sottolineare l’alterità sovrana di Dio e della sua potenza e al
tempo stesso la penetrazione trasformante della dimensione divina nell’umano
fragile e caduco, in un dono permanente di questo amore.
Il prezioso telo fu custodito per secoli
a Edessa, fino al 944 d.C., anno in cui fu portato a Costantinopoli
dando così inizio a una speciale ufficiatura celebrata ancora oggi il
16 agosto.
La solenne liturgia del giorno così
canta:
“Un’argilla creata dall’uomo
porta impressa la tua effigie increata,
o mio Cristo, Creatore dell’universo”.
Così, quanto più contempliamo Dio nel
suo Essere, Egli ci appare misterioso, indicibile, radicalmente
trascendente; però, nello stesso tempo, si rivela a noi esistente e
presente, avvolgendoci della sua bruciante vicinanza. E notiamo anche
che la profondità e intensità dell’Uomo-Dio nel volto nobile e
umanissimo, dolce e severo, sereno e misteriosamente sofferto nel
contempo, è in grado di sconfiggere col solo contatto di sguardi tutti
i luoghi comuni delle nostre paure, ansie, sfiducie e ripiegamenti
egocentrati.
“E voi, chi dite che io sia?”. L’interrogativo
posto da Cristo stesso ai suoi discepoli risuona inquietante oggi ancora
nella Chiesa come il quesito centrale della storia e della persona
umana.
Cristo Acheropita, Dio fatto volto d’uomo.
Il volto è sempre una rivelazione,
incompleta e passeggera, della persona. Nessuno ha mai visto il proprio
volto; lo si può conoscere soltanto riflesso nello specchio o per mezzo
di una fotografia. Il volto non è dunque fatto per se stessi, ma per l’altro,
o per Dio. E’ un silenzioso linguaggio. E’ la parte più viva, più
sensibile che, nel bene e nel male, presentiamo agli altri. E’ l’io
intimo parzialmente denudato, infinitamente più rivelatore di tutto il
resto del corpo. Così dice Max Picard: “Non è senza turbamento che
si guarda un volto, poiché esso esiste innanzitutto per essere guardato
da Dio. Guardare un volto umano, è come voler controllare Dio… E’
soltanto nell’atmosfera dell’amore che un volto umano può
conservarsi tale quale Dio lo creò, a sua immagine”. Per comprendere
un volto ci vogliono attenzione, pazienza, rispetto, insieme all’amore
perché il volto è il simbolo di ciò che vi è di divino nell’uomo.
Secondo il teologo ortodosso Olivier
Clément “Dio si è ri-velato in un volto la cui luce si moltiplica,
di generazione in generazione, in umili volti trasfigurati”.
Lettura dell’Icona
L’icona del Santo volto o Icona
Acheropita, della scuola di Novgorod, (secolo XII), è l’icona della
festa del “Trionfo dell’ortodossia” celebrata nella 1a domenica di
Quaresima (16 agosto).
Questo modello iconografico commemora la
misteriosa bellezza del volto di Cristo. Solo l’icona di Cristo può
sovrastare l’altare. Icona delle icone, il Figlio resta la “pietra
angolare e preziosa” della “bellezza divina” celebrata dal
Kontakion della Domenica dell’Ortodossia:
“Il Verbo indescrivibile del Padre si
è fatto descrivibile incarnandosi di te, Madre di Dio. Avendo
ristabilito nella sua dignità originale l’immagine insudiciata, l’unisce
alla bellezza divina”.
Dio si riconosce nella sua creatura e
tramite il Figlio incarnato si fa volto. Nel volto del Cristo l’uomo
è chiamato a riconoscere il proprio volto trasfigurato. L’icona
cristallizza questo riconoscimento: immagine del Cristo, riflette l’immagine
dell’umanità deificata che, contemplandosi in essa, “riflette come
in uno specchio la gloria del Signore” (2Cor 3, 18).
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In questa icona, vediamo rappresentato
solo il volto, senza collo, di fronte: il Cristo ci invita a
rivolgerci a lui dandogli del “Tu”, ci invita al dialogo, a non
avere paura: la “frontalità” è offerta e disponibilità al
dialogo. Il “profilo”, al contrario, non dialoga, si difende,
nasconde parte del volto.
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Il colore della carnagione è di una
tonalità che si può definire colore di terra impastata di luce non
identificabile con nessuna razza; è il volto del genere umano, e
tutte le culture e le razze in esso si riconoscono.
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I capelli, simmetricamente divisi,
sembrano un velo che si alza per mostrare il volto di Gesù che
illumina “la divina tenebra”, cioè il mistero di Dio.
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La fronte, ampia, scoperta, è la sede
della sapienza.
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Gli
occhi grandi e dolci, sono pieni
di luce e offrono vitalità con tono maestoso, quasi severo, anche
se accogliente.
Lo sguardo del Signore è solenne: egli
guarda alla sua destra per rassicurare, accogliere e proteggere con la
sua divina maestà i suoi discepoli: “Venite benedetti dal Padre mio,
ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del
mondo” (Mt 25,34). Il suo è uno sguardo che difende dal male e dà
vittoria in ogni prova.
E’ l’occhio che, per sua natura
rivolto perennemente alla luce, può diventare specchio dell’anima e
spingerci fino all’intimo della conoscenza di Dio. Per la conoscenza e
la fede - grida l’apostolo Paolo alla Chiesa di Efeso - siano
illuminati “gli occhi della vostra mente” (Ef 1,18).
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Le orecchie di Gesù sono piccole,
appiattite, quasi flosce, perché egli ascolta tutto con gli occhi;
egli guarda e ascolta, guarda e ama, ascolta tutto dal di dentro...
anche le nostre preghiere, le nostre invocazioni, vengono accolte
dai suoi occhi i quali capiscono e conoscono assai più di quanto
gli dice il suono della nostra voce.
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La bocca, piccola e chiusa, invita al
silenzio, ad ascoltare la voce dello Spirito, ed è nell’atteggiamento
appena accennato di soffiare lo Spirito santo.
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Lo sfondo d’oro che avvolge il volto
indica l’immersione della persona nella luce divina e come
conseguenza è il simbolo della luce divina che inonda di sé tutta
la rappresentazione e deifica l’umanità stessa di Cristo.
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Le striature giallo-oro sui capelli,
il bianco della croce, con l’oro e l’aureola, mettono in
evidenza l’atmosfera della luce divina e gloriosa che inquadra il
volto di Gesù: nell’icona contempliamo il volto trasfigurato e
trasfigurante del Risorto.
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Il cerchio giallo-oro del nimbo è
luminoso ma non abbaglia, non violenta lo sguardo, come fa Dio che
si fa conoscere dall’uomo senza violentare.
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Questi elementi del volto trovano
unità nel TAU, che prende forma dalle arcate sopracciliari e dal
naso; il TAU tiene lontana ogni punizione, diventa dono e soffio di
vita: “Il Signore chiamò l’uomo vestito di lino, che aveva al
fianco la borsa da scriba, e gli disse: “Passa in mezzo alla
città, in mezzo a Gerusalemme, e segna un TAU sulla fronte degli
uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si
compiono”” (Ez 9,3-4). Perciò, proprio attraverso la croce che
Gesù ha sul volto può essere impresso il TAU sul volto di ogni
uomo che ha fame e sete di giustizia; ed egli verrà saziato e
interamente realizzato.
Contemplare, pregare l’icona : Uno
sguardo che ascolta…
Prepariamoci alla meditazione fissando lo
sguardo su Gesù.
“Dammi la prova che gli occhi della tua
anima possano vedere e gli orecchi del tuo cuore possano intendere.
Difatti possono vedere Dio solo quelli che hanno gli occhi dell’anima
aperti” (Teofilo di Antiochia).
Facciamo con fede il segno della croce e
invochiamo lo Spirito.
Gli occhi del Signore “sono miriadi di
volte più luminosi del sole; essi vedono tutte le azioni degli uomini e
penetrano fin nei luoghi più segreti” (Sir 23,19). Così il Signore
educò il suo popolo che vagava nella steppa e nel deserto, “lo
custodì come pupilla del suo occhio” (Dt 32,10). Colmi di compassione
e di amore essi sono ora rivolti a te come un giorno incrociarono gli
occhi di un giovane israelita:
“Mentre usciva per mettersi in viaggio,
un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a Lui, gli
domandò: “Maestro buono, che devo fare per avere la vita eterna?”.
Gesù gli disse: “Perché mi chiami
buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non
uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa
testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre”.
Egli allora gli disse: “Maestro, tutte
queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”.
Allora Gesù, fissatolo lo amò e gli
disse: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai
poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”” (Mc
10,17-21).
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Guardo a lungo Gesù. So che lo
sguardo di Gesù è un elemento importante nei suoi incontri con le
persone: è un mezzo straordinariamente efficace per provocare una
risposta personale nei suoi ascoltatori: Lc 18,35-43: il cieco di
Gerico; Lc 22,61: lo sguardo verso Pietro dopo il rinnegamento; Gv
9,1-41: guarigione di un cieco nato. Visualizzo Gesù che posa lo
sguardo traboccante d’amore sul giovane ricco. Lascio infine che
gli occhi di Cristo s’incrocino con i miei e registro le risonanze
che questo suscita dentro di me.
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Contemplo il suo volto maestoso e
dolce nel contempo.
Lascio che il suo sguardo penetri tutti
gli strati del mio essere e sciolga ogni resistenza, difesa,
pregiudizio, separazione, paura… Ripeto lentamente le parole del
salmista: “I miei occhi si consumano nell’attesa di Dio” (Sl
69,9).
Gesù guarda con amore perché vuole
trasformarti, difenderti dal male e farti uscire vittorioso da ogni
prova.
Ti accoglie, ti protegge, ti rassicura,
ti guarda con occhi pieni di compassione e di comprensione.
Gesù ti ascolta.
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Non stancarti di contemplare il suo
sguardo: Egli è uno sguardo che ascolta.
Non ha bisogno di sentire le tue parole,
le tue grida o le tue domande. Gesù ti guarda e ti ama.
Ti guarda partendo dal cuore. Legge
dentro, sa di che cosa siamo fatti, siamo suoi, gli apparteniamo!
E guardandoti ti dà fiotti di vita nuova
invitandoti, poi, a fare altrettanto con i fratelli.
Chiediti: quante volte questo sguardo è
stato per me un monito a cambiare? A convertirmi, a lasciarmi
trasformare questo cuore di pietra? So guardare il fratello con lo
sguardo di Cristo che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto
sopporta” per noi? (1Cor 13,7).
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Lasciati penetrare dalla luce del suo
sguardo. Ora anche i nostri occhi liberi da quanto li offuscava, si
posano benevoli sui fratelli, così che nessuno - direbbe S. Francesco -
“dopo aver visto i miei occhi, se ne torni via senza il mio perdono”
(Fonti Francescane, 235)
Se poi ti lasci inondare dal suo amore,
anche in te si accrescerà il desiderio della carità:
“Amatevi come io vi ho amato” più
che un comando è un’aspirazione profonda che ognuno di noi porta nel
suo intimo; è il desiderio di poter vivere una vita decorosa, intima e
benefica per tutta l’umanità perché quando uno ha provato l’esperienza
d’essere amato, non può fare a meno di comunicarla.
Lo sguardo di Gesù lo insegna: è solo l’amore
che ci muove dal profondo ad essere migliori.
Gesù non ascolta tanto parole, pensieri
o promesse. Lui legge nel cuore. E’ un Dio che tutto capisce e
semplicemente ama.
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Contempla Gesù : il suo volto, il
suo sguardo perché vuole trasformarti, farti diventare simile a lui.
E’ importante scoprire che siamo
davvero chiamati a la-sciarci trasformare dall’amore di Dio, anche e
solo attraverso le piccole cose, gli incontri quotidiani, nonostante i
nostri sbagli e le nostre debolezze umane.
Solo così l’amore di Dio prende carne
in te e diventa testimonianza.
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Non distogliere gli occhi da questo
santo volto.
Egli ti chiama e sta a te dire di sì con
coraggio e senza paura. Dobbiamo spesso ricordarci che chi segue Cristo
segue un Dio morto in croce e risorto. Chi segue Cristo deve quindi
abbracciare ogni giorno la croce per risorgere con lui...
Unisciti, dopo questo lungo sguardo d’amore,
al centurione e dì anche tu: “Tu sei veramente il Figlio di Dio!”.
Ripetila a lungo questa professione di fede.
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Ed ora ringrazia per il dono che hai
ricevuto ed espandi al mondo intero una benedizione.
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