Dall’8
novembre 2001 nell’atrio dell’USMI nazionale, a Roma, sono esposti alcuni
pannelli. Sono lì da quella data perché in quel giorno con una tavola rotonda
abbiamo voluto ricordare i 50 anni della rivista dell’USMI, Consacrazione e
Servizio. Ci si rifaceva alla raccomandazione biblica scritta nel Levitico:
“Un giubileo sarà per voi il
cinquantesimo anno”.
L’ultimo
di quei pannelli è riportato in copertina ed è opera, come gli altri, di
Sergia Ballini. Nel contesto di essi vuole significare il futuro della vita
religiosa; riporta infatti la celebre frase dell’Esortazione Vita consecrata: «
Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora
cose grandi ».
In
alto campeggia Gesù. Egli è la ragione del nostro esistere ieri, del nostro
vivere e operare qui oggi, del nostro sperare per il futuro, nel tempo, ma
soprattutto oltre il tempo.
La
vita consacrata ha la sua ragion d’essere in Lui. Viene da Lui come da fonte:
Egli la motiva, ne sostiene e rafforza l’esistenza e l’operare. Lui deve
comunicare, perché « chi ha incontrato veramente Cristo non può tenerselo per
sé, deve annunciarlo ».
«Non
sappiamo quali eventi ci riserverà il millennio che stiamo iniziando, ma
abbiamo la certezza che esso resterà saldamente nelle mani di Cristo, il “Re
dei re e il Signore dei signori”». Lo scrive Giovanni Paolo II nella Lettera
apostolica Novo millennio ineunte al
n.35.
Eventi
problematici si stanno succedendo con ritmo incalzante in tutti i campi, da
quello politico a quello sociale, da quello scientifico-medico a quello
giuridico, a quello economico e mediatico. La soluzione del male non sta solo in
un’analisi più corretta, o in tanti progetti, ma nel migliorare il lievito
che deve essere inserito nella pasta; nell’essere luce quando tutto sembra
diventare tenebra; nell’essere sale in un contesto insipido.
In
questa luce il Consiglio di redazione della rivista CONSACRAZIONE E SERVIZIO,
anche rifacendosi al tema dell’ultimo Sinodo dei Vescovi, ha scelto come
oggetto per il tradizionale supplemento di primavera la speranza.
Oggi, per il cristiano, quindi anche per la vita consacrata, è soprattutto il
tempo della speranza.
Abbiamo
interpellato vari autori che scrivessero di speranza: ce ne dicessero
l’identità; come la si interpreta nel turbinio di voci del mondo attuale;
coma la presenta Paolo in una delle sue definizioni più efficaci; quali
relazioni ha con i consigli evangelici, come formare alla speranza le giovani
generazioni dei nostri Istituti; come superare le inconsistenze esistenziali
sulla scia della speranza, quali indicazioni di speranza ci vengono dalla
Liturgia; come guardare a Maria, Madre della speranza; come attendere, nella
speranza, ‘nostra sorella morte’… Infine quale cammino di speranza stanno
indicando oggi le religiose… Esse non devono soltanto vivere la speranza, ma
sono chiamate a essere seminatrici di speranza.
Alcuni
capitoli sono più estesi, altri più brevi: sono redatti con linguaggio e
diversa struttura del pensiero. Leggere e rileggere... Perché nell’insieme
intendono costituire un apporto all’approfondimento di una visione globale
della speranza.
Da
ormai quasi 24 anni Giovanni Paolo II, carico di quella paternità universale di
cui è stato investito nel 1978, ci lancia verso un futuro di speranza. Ne hanno
bisogno i nostri Istituti, le persone chiamate al governo, all’animazione, ai
settori apostolici, agli uffici più diversi all’interno delle comunità, ai
singoli membri a volte sommersi da tristezze e angosce, da interrogativi forti.
Ebbene, noi abbiamo Speranza, perché le nostre radici affondano lì, in Cristo
che è la ragione del nostro sperare.
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